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giovedì 21 novembre 2024

"Cinquecento anni di rabbia", Francesco Filippi in dialogo con Tomaso Montanari alla Libraccio

23-09-2024

Lunedì 23 settembre 2024, alle ore 18.00, la Libreria Libraccio di Firenze (via de' Cerretani, 16r) ospita la presentazione del libro "Cinquecento anni di rabbia - Rivolte e mezzi di comunicazione da Gutenberg a Capitol Hill" di Francesco Filippi (Bollati Boringhieri editore). Insieme all'autore in programma un colloquio con Tomaso Montanari.

Chi controlla i mezzi di informazione domina il racconto pubblico e controlla il potere.

«Vi sono momenti in cui lo status quo imposto da chi detiene il potere viene stravolto da sommovimenti che riescono a trovare forza grazie a innovazioni tecnologiche che cambiano il modo di comunicare. Nella storia dell’Occidente questo è accaduto almeno due volte: agli inizi del Cinquecento, con la stampa a caratteri mobili, e ora, con Internet».

Nel Cinquecento, l’invenzione di Gutenberg – la stampa a caratteri mobili – fu il motore inconsapevole di una rivoluzione. La capillare diffusione di fogli stampati con la nuova tecnologia a basso prezzo portò chi non aveva mai avuto accesso al potere a prendere coscienza per la prima volta di istanze comuni. La rabbia sociale che ne esplose assunse una forma nuova e organizzata, da cui scaturì la Guerra dei contadini, alla fine repressa nel sangue nel 1525. Da allora il mondo non fu più̀ come prima; da quel momento il potere iniziò a occuparsi dei mezzi di informazione per poterli imbrigliare e rendere innocui. Cinque secoli dopo – parliamo di noi – è accaduto qualcosa di molto simile. È il 6 gennaio 2021 quando il sogno della «più̀ grande democrazia del mondo», incredibilmente, vacilla. Una folla inferocita, composta in maggioranza da uomini bianchi, dà l’assalto al Congresso degli Stati Uniti, a Capitol Hill. La rabbia popolare di quel giorno viene incanalata e organizzata dai social media.In entrambi i casi un nuovo mezzo di comunicazione, sfuggito ai filtri del potere, porta in superficie la rabbia di chi si sente escluso dalla narrazione dominante.

In Cinquecento anni di rabbia Francesco Filippi discute una tesi affascinante: c’è uno stretto rapporto che intercorre tra le rivolte e i mezzi di comunicazione dal Cinquecento a oggi e senza dubbio quella a cui stiamo assistendo in questi anni è una rivoluzione, di cui noi siamo i protagonisti. Mai come ora abbiamo bisogno di fare un buon uso della storia per capire con maggiore profondità̀ il mondo nel quale viviamo.

A prima vista, un contadino bavarese dell’inizio del Cinquecento e un impiegato del Maryland dell’inizio del Duemila sembrano avere ben poco in comune. Li separano un oceano, 500 anni di storia e 15 generazioni che, di padre in figlio in nipote, hanno vissuto vite completamente differenti, in mondi e immaginari condivisi diversissimi. Ma il contadino europeo del xvi secolo e l’impiegato americano del xxi una cosa in comune ce l’hanno: la loro vita è estranea alla narrazione dominante, si sentono esclusi, covano molta rabbia, sentono di subire un torto. Il mondo intorno a loro sta cambiando e non si sentono presi in considerazione. Un’altra cosa li accomuna: fino a poco tempo prima entrambi si pensavano isolati, soli nel loro rancore, appena vagamente consapevoli della propria marginalità, ma da poco è successo qualcosa che ha fatto loro capire che tutt’attorno sono in molti a pensarla allo stesso modo. Si è creata una comunità. Improvvisamente è tutto chiaro: quelli come loro sono in tanti, sono la maggioranza. Il contadino cinquecentesco lo ha capito leggendo dei foglietti stampati (la novità tecnologica del momento) che qualcuno gli ha passato al mercato: c’è scritto che esiste un ordine naturale che è stato violato ed è per questo che quelli come lui stanno così male. L’impiegato americano l’ha capito da un post apparso nel suo feed sullo smartphone: ora è tutto chiaro, qualcuno sta rubando il suo giusto ruolo nella società ed è evidente che sono in molti che la pensano allo stesso modo, pronti a combattere per riconquistare il posto che spetta loro nel mondo. I due si organizzano, si armano, si ribellano. Il primo distribuendo fogli stampati, il secondo condividendo post sui social. Dopo la rivolta che ne scaturirà, il primo verrà ucciso il 12 maggio 1525 a Böblingen dall’esercito del principe, il secondo verrà arrestato il 5 gennaio 2021 a Washington dalla Guardia nazionale statunitense. Il primo viene sconfitto nel nome di Thomas Müntzer, il secondo in quello di Donald Trump. Il primo grida Omnia sunt communia, il secondo Make America Great Again!

Che cos’è successo ai due protagonisti di questa inusuale comparazione? È successo che entrambi sono abitanti di un mondo in radicale mutamento, smarriti a cavallo tra un prima e un dopo. Ed entrambi sono incappati in una tecnologia comunicativa che prima non c’era, che nessuno ancora controlla e che proprio per questo è in grado di veicolare messaggi senza essere intercettata: era la stampa a caratteri mobili nel Cinquecento ed è Internet nel Duemila. Francesco Filippi in questo libro ci mostra una similitudine vertiginosa, ardita, ma incredibilmente rivelatrice, e ne analizza in profondità, da storico, sia i limiti sia le potenzialità esplicative. Con Cinquecento anni di rabbia – in maniera cristallina e attraverso un appassionato racconto dettagliato – vediamo come la storia possa aiutare a comprendere il presente, specie quando in ballo è un cambio radicale di mentalità e di epoca. Se il contadino svevo delle rivolte cinquecentesche stava entrando, suo malgrado, nella Modernità, dove nulla sarebbe mai più stato come prima, l’assalitore di Capitol Hill sta anche lui, suo malgrado, traghettando la nostra epoca verso qualcosa di ancora ignoto, ma sicuramente differente rispetto a prima, e che va interpretato. E la storia che permea questo libro unico ci aiuta a farlo.

Francesco Filippi (1981) è storico della mentalità, autore e formatore dell’Associazione di Promozione Sociale Deina, per cui cura la programmazione e la realizzazione di viaggi di memoria e percorsi formativi in tutta Europa. Collabora con la Fondazione Museo Storico del Trentino, occupandosi di comunicazione didattica della storia e dell’uso del passato nella costruzione della memoria pubblica. Per Bollati Boringhieri ha pubblicato Mussolini ha fatto anche cose buone. Le idiozie che continuano a circolare sul fascismo (2019), Ma perché siamo ancora fascisti? Un conto rimasto aperto (2020), Noi però gli abbiamo fatto le strade. Le colonie italiane tra bugie, razzismi e amnesie (2021) e Guida semiseria per aspiranti storici social (2022). I suoi libri sono tradotti in sei lingue.


Per ulteriori informazioni: https://www.libraccio.it