Giovedì 6 febbraio 2025, alle ore 17.00, Adriano Favole presenta il suo libro "La via selvatica. Storie di umani e non umani" (2024, Laterza editore) nella sala storica della Biblioteca delle Oblate di Firenze, in via dell’Oriuolo 24, per un nuovo appuntamento della rassegna "Dialoghi sulla Natura" organizzata dal Sistema Museale di Ateneo in collaborazione con le Biblioteche Comunali. L’autore dialoga con Barbara Montecchi, referente comunicazione, accessibilità e public engagement del SMA, e Giulia Dionisio, curatrice del Museo di Antropologia e Etnologia. Al termine dell'incontro sarà distribuito un coupon per un ingresso ridotto per due persone al museo di Antropologia e Etnologia.
La ‘via selvatica’ è quella che ci fa scoprire che non siamo solo cultura, che l’essere umano vive delle relazioni che intrattiene con tutti i suoi ‘simili’, dalle api ai vulcani, dalle foreste alle barriere coralline, dalle piante ai funghi che abitano con noi la Terra. Adriano Favole la racconta portandoci dentro la foresta di Tchamba, sull’isola di Futuna, tra i vulcani di La Réunion, sulle ramificazioni liquide dell’Amazzonia, nella baia di Lékiny e tra le radure delle Alpi occidentali. Un giorno James Clifford, uno dei più noti antropologi contemporanei, fu invitato dal suo amico Jean-Marie Tjibaou, un Kanak della Nuova Caledonia, a visitare la sua tribù natale. A un certo punto, dalla sommità della collina, Clifford vide alcune abitazioni in mezzo a una radura nella foresta. «Dov’è casa tua?», gli chiese. Tjibaou lo guardò, aprì il palmo della mano muovendolo a 360 gradi, invitandolo a osservare l’insieme del paesaggio e gli disse in francese: «C’est ça la maison!» (È questa la casa!). ‘Casa’ è fuori di noi, è l’insieme delle relazioni che abbiamo con gli umani e con gli altri esseri che vivono con noi qui sulla Terra. Dobbiamo la vita a forze ed esseri ‘selvatici’, ‘incolti’, che vivono cioè fuori dai confini delle culture intese come spazi simbolici. L’incolto è la nozione di cui abbiamo bisogno per uscire da quella contrapposizione tra natura e cultura che continua a colonizzare le nostre menti. L’incolto non è il caos: è la vita che si organizza, che germoglia, che si stratifica come i coralli, che si incontra e si scontra, la vita che rinasce continuamente nei dintorni di quella organizzazione che chiamiamo ‘cultura’. L’incolto è un aspetto del mondo che viviamo e della condizione umana. Non è un caso che alcune società lo abbiano ‘sacralizzato’ e spesso posto al centro di rituali, proteggendolo dall’invasività e dall’avidità umana con norme e divieti. È in gran parte nell’incolto o nel semi-colto delle foreste e degli oceani che si produce l’ossigeno che respiriamo; è nei greti dei torrenti e nelle forre sotterranee che si accumula l’acqua che beviamo. Gli dobbiamo l’esistenza e, anche se non sempre lo riconosciamo, l’incolto ha una sua vita, è un assemblaggio di progettualità che prescindono da noi; l’incolto si cura di noi. Noi siamo incolto.
Adriano Favole è professore ordinario di Antropologia culturale all’Università di Torino e Visiting Professor all’Università della Nuova Caledonia. Ha insegnato all’Università di La Réunion (Oceano Indiano) e all’Università della Polinesia francese. Ha fondato e dirige il Laboratorio “Arcipelago Europa” presso il Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino. Ha pubblicato numerosi testi scientifici e si occupa di comunicazione dell’antropologia e delle scienze sociali. Collabora con “la Lettura” del “Corriere della Sera” ed è consulente del Festival Dialoghi di Pistoia. Per Laterza è autore di Resti di umanità. Vita sociale del corpo dopo la morte (2003), Oceania. Isole di creatività culturale (2010) e La bussola dell’antropologo. Orientarsi in un mare di culture (2015).
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