In occasione della Giornata Internazionale della donna, l’8 marzo (e poi il 22 marzo alle ore 16, sempre ad ingresso gratuito) nella sala Buonumore del Conservatorio di Musica “L. Cherubini” di Firenze sono proposte due Scene da concerto (parte I e II, titolate “La musica dell’ardore”) per rendere un ritratto a tutto tondo del compositore francese Albéric Magnard e della sua opera, incentrandosi rispettivamente su due pagine strumentali che ripercorrono a rovescio la sua parabola creativa di musicista: la tarda Sonata per pianoforte e violoncello op. 20 (1910) e il giovanile Quintetto per pianoforte e fiati op. 8 (1894). Attorno a questi brani, “protagonisti” principali di spettacoli eseguiti dal vivo, si svolge un percorso conoscitivo, poetico e interpretativo nel quale s’intrecciano parole, suoni e immagini, con vari riferimenti all’opera di Magnard, ma anche a quella di altri compositori francesi.
A cura di Maurizio Biondi (docente di Storia della Musica al “Cherubini” e ideatore e curatore di questa nuova formula di spettacolo già portata con successo un po’ in tutt’Italia, tra teatri e festival, con “Dialoghi”, “Percorsi, “pillole”, “Prediche” e “Variazioni” su opere di Beeethoven, Mozart, Bach, Brahms, Liszt, Poulenc, Rossini, Alkan, Mahler, Schoenberg, Musorgskij, Shostakovich), ecco i due appuntamenti:
- sabato, 8 marzo 2025, ore 16.00, con Lucio Labella Danzi violoncello e Giampaolo Nuti pianoforte, interpreti della Sonata per violoncello e pianoforte, op. 20;
- sabato 22 marzo, ore 16.00, con Altea Maffei flauto, Tommaso Rossi oboe, Luca Pollastri clarinetto, Leonardo Paoli fagotto, Fabio Pratesi pianoforte, classe di musica da camera della prof.ssa Daniela De Santis, impegnati nel Quintetto per flauto, oboe, clarinetto, fagotto e pianoforte, op. 8.
La Scena da concerto è una particolare formula per cui un’esecuzione musicale, pur conservando la sua specificità e la dimensione del concerto, viene calata in una pièce teatrale. L’intento è quello di far interagire suoni e parole in forma nuova, stringente, di intrecciare il pensiero della musica con il pensiero sulla musica, di far sì che quest’ultima diventi materia rappresentativa a partire dai modi stessi del suo rappresentarsi, del suo “mettersi in scena” attraverso i suoni. La voce recitante spazia dalla parafrasi poetica alla riflessione critica, interagisce con gli esecutori, interroga l’opera e, a volte, la ricompone in vari modi, dando vita a un vero e proprio laboratorio compositivo, ma in modo ludico e senza ricorrere ad alcun tecnicismo. Dunque, un approccio spiccatamente teatrale, che però pone al centro la musica e, anche nei momenti più estrosi e apparentemente divaganti, contiene sempre qualche riferimento – storico, estetico, analitico – ai brani, come un’implicita funzione di guida all’ascolto, se non anche di ear training. In questo senso, la Scena da concerto offre molteplici livelli di lettura e si indirizza a ogni genere di pubblico.
“La particolarità della musica di Magnard - spiega il prof. Biondi - offre lo spunto per smontaggi e rimontaggi, come anche per comparazioni e riscritture di certi passaggi. Al tempo stesso, questo ‘giocare con i suoni’ rimanda costantemente a certi specifici contenuti biografici, storici ed estetici che stanno dietro agli aspetti propriamente compositivi. Da tutto questo, scaturisce una forma nuova di spettacolo che unisce elementi artistici e didattici, creativi e divulgativi. Da sottolineare che, in questo caso, la Scena da concerto si integra in modo sostanziale all’attività del Conservatorio Cherubini: fa parte di un corso sulla musica francese per il corrente anno accademico e si propone anche, con le esecuzioni musicali, di valorizzare le risorse umane (docenti e studenti) di questa istituzione”.
Due “note” su Albéric Magnard (1865-1914) - Musicista oggetto di una clamorosa riscoperta e, fino ad oggi, poco conosciuto, in conflitto con il mondo dell’alta borghesia da cui proveniva – incluso lo sdegno che “l’affare Dreyfus” aveva prodotto in lui – che abbandona Parigi, la vita sociale e musicale, ritirandosi in campagna, a Baron sur l’Oise, dove trova una morte tanto precoce quanto sconcertante e che, per un momento, gli vale una straordinaria notorietà. Le ventuno opere sopravvissute ci restituiscono una personalità artistica forte e inconfondibile, nella quale il culto per Beethoven, Schumann e Wagner non impedisce il definirsi di un’identità spiccatamente francese, legata alla tradizione, lontana dal modernismo di Debussy, e che mostra un singolare elemento di radicalismo, ricerca e impegno compositivo estraneo alle suggestioni simboliste, estetizzanti e decadentiste. Un Magnard che lotta da compositore, come anche da uomo, per un’arte che parli della vita, del destino, della verità, dell’intreccio di dolore e speranza che segna l’esistenza.
Compositore già ammirato da Dukas e Fauré, in seguito descritto da Milhaud come una grande personalità della musica francese, è oggi oggetto di un’ammirazione sempre più vasta ed entusiastica. Appartenente a una ricca e potente famiglia parigina (il padre Francis era direttore del Figaro), entrò in conflitto con certe convenzioni del mondo borghese da cui proveniva. La sua intransigenza morale ebbe conseguenze a vari livelli: ripudiò ogni idea di carriera, ruppe con gli editori, finì per abbandonare Parigi e rifugiarsi in campagna, creando così le premesse del suo oblio. A porlo in contrasto con la società dell’epoca fu anche il suo matrimonio con Julia Creton, una ragazza madre, così come il suo schierarsi a favore dell’emancipazione femminile. La Quarta Sinfonia – opera capitale nella storia di questo genere musicale – riassume nella dedica all’Unione delle Donne Musiciste e Compositrici quel sentimento di filoginia da cui Magnard era profondamente compenetrato e che spesso esprimeva in modo diretto e radicale: “Le piaghe immonde della nostra società, il militarismo, l’alcolismo e la prostituzione, si potranno guarire e cancellare solo grazie alla volontà delle donne, ma questa volontà non potrà contare finché le donne non avranno i nostri stessi diritti civili e politici”.
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