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mercoledì 26 novembre 2025

"Oltre", Fabiana Iacozzilli e il disastro aereo delle Ande al Nuovo Rifredi Scena Aperta

21-11-2025

Al Nuovo Rifredi Scena Aperta, il 21 e 22 novembre 2025 alle ore 21.00, è in scena OLTRE. Come 16+29 persone hanno attraversato il disastro delle Ande, ideazione e regia di Fabiana Iacozzilli, con Andrei Balan, Francesco Meloni, Marta Meneghetti, Giselda Ranieri, Evelina Rosselli, Isacco Venturini, Simone Zambelli, dramaturg Linda Dalisi, scene di Paola Villani. Una storia "piena d’amore" che valica ogni confine, fisico e metafisico, raccontata attraverso l’incontro con marionette a grandezza naturale manovrate a vista, ispirate alle opere di Giacometti. Nel disastro aereo delle Ande del 1972 Fabiana Iacozzilli e Linda Dalisi cercano tra le voci dei superstiti e dei parenti, il legame che esiste tra i “due lati della montagna”.

Il 13 ottobre 1972, il volo 571 dell’aeronautica militare uruguaiana precipitò sulla Cordigliera delle Ande con quarantacinque persone a bordo. 19 persero la vita nello schianto, e dopo 72 giorni trascorsi tra i ghiacci, solo 16 furono tratti in salvo. Il mondo scoprì che, per sopravvivere, i giovani passeggeri – molti dei quali membri della squadra di rugby Old Christians Club – si erano nutriti dei corpi dei loro compagni. 

A oltre 50 anni di distanza, Fabiana Iacozzilli e Linda Dalisi sono partite per Montevideo per incontrare i sopravvissuti e i parenti delle vittime. Un racconto che cerca di indagare, attraverso il teatro di figura, la forza dell’amicizia nella lotta per sopravvivere e il legame misterioso e spirituale che esiste tra persone coinvolte nel disastro e familiari, connessi da una forma potente di pensiero.

Intervista a FABIANA IACOZZILLI

Qual è l’origine del lavoro?

Alla fine del mese di febbraio 2025 Linda Dalisi e io siamo partite per Montevideo per incontrare alcuni tra i sopravvissuti al disastro aereo – oggi uomini di età comprese tra i 70 e i 75 anni – e alcune tra le sorelle, i fratelli e i figli degli uomini e le donne che non sono tornati dalle montagne. Siamo entrate nelle loro case, nei loro posti di lavoro, siamo andate a visitare il campo da rugby in cui erano soliti allenarsi, abbiamo scoperto che ci sono gruppi di fan della storia e dei loro protagonisti sparsi in tutto il mondo, siamo andate a visitare un museo dove al suo interno è contenuta una cella frigorifera che consente ai visitatori di sentire per settantadue secondi il freddo che hanno provato quei ragazzi per settantadue giorni. Ma cosa cercano le persone in questa storia? Cosa vogliamo io e Linda Dalisi da questa storia? Siamo partite con tante domande, le nostre e quelle dei nostri collaboratori, e siamo tornate con la consapevolezza che questa è una vicenda “prismatica”, come la definisce Linda, in cui non ci sono né vincitori, né eroi, e che un pezzo centrale di essa si svolge dall’altro lato della montagna, in quella Montevideo in cui le famiglie dei giovani scomparsi – allo stesso modo e con la stessa intensità – interpellavano indovini e pregavano dio, affittavano aerei privati per sorvolare la cordigliera e chiedevano di parlare con Allende pur di ritrovare i propri figli.

E quindi “fin dove è disposto a spingersi l’essere umano?”

Nando Parrado, è forse il personaggio più carismatico di questa vicenda: un ragazzo di vent’anni che decide di intraprendere insieme a Roberto Canessa il viaggio per cercare i soccorsi e lo fa con ai piedi dei mocassini e nello zaino otto calzettoni da rugby pieni di carne umana. Ma cosa lo muove? Aveva la sorella e la madre interrate a quattro metri dalla fusoliera, sarebbe arrivato il momento in cui sarebbero stati gli ultimi due corpi di cui cibarsi e, soprattutto, aveva un padre a cui andare a dire: “Papà, sono vivo, non devi piangere tre corpi ma solo due”. È dunque uno spazio tragico quello in cui ci muoviamo, uno spazio in cui i corpi si depauperano fino a diventare quasi nulla e in cui troneggia il rottame di una fusoliera che ricorda gli echi dell’incidente e, al tempo stesso, è luogo di salvezza e unico ventre materno.

Nella scelta della lingua scenica risiede la volontà di mettere al centro della narrazione le questioni legate al corpo, utilizzando delle marionette ispirate alle opere di Giacometti come mezzo per consentire ai corpi di diventare scheletrici davanti agli occhi del pubblico; per consentire a questi corpi di entrare uno dentro l’altro. Il mondo della figura posiziona la vicenda su un piano metafisico e i puppet, per loro natura punti di contatto con il mistero e il perturbante, ci fanno sprofondare nella dimensione spirituale di cui la vicenda è intrisa. Centrale all’interno di questo lavoro è, come già accaduto nei miei precedenti spettacoli, la contaminazione del teatro di figura con le voci delle testimonianze. 

Perché raccontare oggi questa storia?

Perché è una storia piena d’amore, in cui ci sono dei figli che cercano di tornare dai loro padri e che come Amleto si interrogano sull’essere o il non essere, perché ci sono dei padri che decidono di salire in groppa a un cavallo per andare a riprendere ciò che resta del corpo di un figlio e che ci ricordano Priamo in ginocchio che rivuole il corpo di Ettore, perché è la storia tragica di famiglie che si spezzano e che sono costrette a ricercare nei corpi dei sopravvissuti dei pezzettini dei propri cari. E come possono guardare gli occhi di una madre tutto questo? Ma anche perché, come dice Ana Ines Lamas, sorella di una delle vittime, è una storia di ignoranza e di immaginazione: i ragazzi non conoscevano la neve e il ghiaccio, e proprio per questo sono riusciti ad andare oltre, immaginandosi un modo per sopravvivere e inventandosi una strada da percorrere per tornare a casa.

Prime note alla drammaturgia di Linda Dalisi

Camminando per le strade di Montevideo – dove siamo andate per incontrare alcuni protagonisti di questa storia – io e Fabiana Iacozzilli ci siamo fatte tante domande sulle nostre domande. Perché non vengono fuori tanti sogni? Ci chiedevamo. A più di 4000 metri d’altezza la parola sonno si svuota del suo significato più comune e ne assume un altro sconosciuto. Si trema in una notte che è tre volte più lunga del giorno e ci si stringe a un filo di incoscienza, quel tanto che permetta di recuperare un poco – un poco di energia. Perché non arrivano certe risposte? È come essere di fronte a un prisma.

Oltre significa per noi stare in tutto ciò che va al di là, è andare innanzi, verso una linea di meta invisibile. Correre incontro a un padre, allenare la telepatia per raggiungere una madre, interrogare saggi e indovini per essere proiettati tra le braccia di un figlio sparito. Quel prisma, allora, raccoglie un po’ tutte le soglie, tutti i confini attraversati, fisici e metafisici, inclusa la componente spirituale del multiforme dialogo con Dio. Ciò che va oltre ogni comprensione. Roy Harley – uno dei sopravvissuti – ci ha detto che in fondo tutte le persone portano una cordigliera sulle spalle, riferendosi alle prove che la vita di tutti i giorni ci mette davanti. È un’immagine che rimane impressa, restituendoci quella di una colonna vertebrale in cui ogni vertebra è un passo in più verso la salvezza. Nel nostro cercare il senso di una storia così fuori dall’ordinario, eppure così umana, la cordigliera sulle spalle diventa un po’ uno zaino, dove si fondono passato e presente, quello che sono e quello che voglio riabbracciare, la memoria che mi aspetta e il destino che devo ancora costruire. Uno zaino cucito a mano, con brandelli di materiali diversi, uno zaino inventato, capiente, impermeabile, in cui potersi infilare insieme ai compagni, per stare al caldo. Oltre quella voce che sento provenire dall’alto e dal basso, oltre le vette, oltre i piedi che affondano nella neve.

Perché vederlo?
Perché ripercorre un fatto di cronaca contaminando teatro di figura e testimonianze sul campo. Ci interroga su fin dove siamo pronti a spingerci pur di sopravvivere. 

Teatro di Rifredi
Via Vittorio Emanuele II, 303 
Tel. 055.4220361/2 
www.teatrodellatoscana.it

Biglietti
Intero € 19
Ridotto Over65 e Convenzioni € 17
Ridotto Soci e Unicoop Firenze € 16
Ridotto Under35 e Abbonati € 15

Le riduzioni over65 e under30 sono valide tuttii giorni.La riduzione soci Unicoop Firenzeè valida per le recite della domenica.  Gli abbonati al Teatrodella Toscana hanno diritto albiglietto ridotto. Convenzioni aggiornate suwww.teatrodellatoscana.it

(photo credits: Gianluca Pantaleo)