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sabato 06 dicembre 2025

"Sorry, boys", Marta Cuscunà al Teatro Era di Pontedera e Nuovo Rifredi Scena Aperta di Firenze

12-12-2025

18 ragazze, un patto segreto di maternità e un femminicidio: Marta Cuscunà compie il suo viaggio nelle resistenze femminili con Sorry, boys, al Teatro Era, Pontedera, il 9 e 10 dicembre, al Nuovo Rifredi Scena Aperta, Firenze, il 12 e 13 dicembre 2025. Partendo da un fatto di cronaca, accompagnata da 12 “teste mozze”, fa un’analisi della società contemporanea, tra violenza di genere, tabù e modelli di mascolinità.

Giovedì 11 dicembre, ore 19, al Nuovo Rifredi Scena Aperta, Marta Cuscunà indaga con Alessandro Iachino il confine tra cronaca e mito, realtà e possibilità. Coordina Matteo Brighenti. L’ingresso è libero, con prenotazione online al link https://tinyurl.com/incontrocuscuna

Venerdì 12 dicembre, dopo lo spettacolo, Marta Cuscunà guida la community TT Young Card e CoopUnder30 dietro le quinte di Sorry, boys. Coordina Matteo Brighenti. L’ingresso è libero, con prenotazione online al link https://tinyurl.com/cuscunadietrolequinte

Lo spettacolo trae ispirazione da un documentario sulle “Gloucester 18”, gruppo di ragazze adolescenti di Gloucester, Massachusetts (USA), che nel 2008 rimasero incinte contemporaneamente, alcune delle quali forse in seguito a un “patto di maternità” per allevare i bambini in una specie di comune femminile. Una delle ragazze rivela che il desiderio di creare un piccolo mondo nuovo era nato dopo aver assistito a un femminicidio. Un campanello d’allarme sul tipo di mascolinità che la società impone agli uomini.

Le 12 “teste mozze”, ispirate alla serie fotografica We Are Beautiful di Antoine Barbot, rappresentano gli esclusi dal patto di maternità: adulti e giovani maschi inchiodati da una vicenda che li ha trovati impreparati.

La storia

È iniziata come un pettegolezzo che serpeggiava tra i corridoi della scuola superiore di Gloucester, Massachusetts (USA). C’erano 18 ragazze incinte – un numero 4 volte sopra la media – e non per tutte sembrava essere stato un incidente. La storia, poi, è rimbalza in città: alcune delle ragazze avrebbero pianificato insieme la loro gravidanza, come parte di un patto segreto, per allevare i bambini in una specie di comune femminile.

Quando il preside della scuola ne parla su un quotidiano nazionale, scoppia una vera e propria tempesta mediatica, e la vita privata delle 18 ragazze diventa uno scandalo che imbarazza tutta la comunità di Gloucester. Giornalisti da ogni dove, dall’Australia alla Gran Bretagna, dal Brasile al Giappone, invadono la cittadina, nel tentativo di trovare una spiegazione per un patto così sconvolgente. Ma rimangono a mani vuote, perché l’intera comunità, turbata dal fatto che la vita sessuale delle proprie figlie fosse diventata il pettegolezzo dei talk show di mezzo mondo, si chiude nel silenzio più assoluto.

The Gloucester 18 è un documentario in cui si dà voce ad alcune di quelle ragazze, lontano dai riflettori dello scandalo. E una di loro confessa di aver voluto creare un piccolo mondo nuovo e una nuova famiglia tutta sua, dopo aver assistito a un terribile femminicidio. «Questa scoperta – racconta Marta Cuscunà – è stata per me come un campanello d’allarme».

Le fonti

Prosegue Marta Cuscunà: «Ho continuato a cercare notizie su Gloucester per capire in che contesto sociale aveva potuto mettere radici l’idea di un patto così sconvolgente. Così, ho trovato un altro documentario, Breaking Our Silence, in cui il capo della polizia di Gloucester rivela come non passasse letteralmente giorno senza che il suo dipartimento ricevesse una segnalazione di violenza maschile in famiglia. I dati che fornisce sono impressionanti: 380 chiamate per violenza domestica in un anno (più di una al giorno) e 179 arresti. In una cittadina di 30.000 abitanti.

Ma quello che è davvero interessante è che il documentario racconta di come questa situazione avesse spinto 500 uomini a organizzare una marcia nelle strade della cittadina per sensibilizzare la comunità al problema. “Uomini contro la violenza”, cosìsi sono autodefiniti. Nelle interviste, molti di loro dicono di aver sentito il bisogno di mobilitarsi in prima persona, consapevoli del fatto che la violenza maschile è un problema delle donne (che inevitabilmente la subiscono), ma che soltanto gli uomini possono veramente risolverlo, cambiando la cultura maschile dominante che continua a causare queste tragedie.

L’idea che sta alla base di Sorry, boys è che a Gloucester la contestualità tra il patto delle 18 ragazze e la marcia degli uomini non sia stata solo una coincidenza, e che tutto ciò abbia a che fare con il modello di mascolinità che la società impone agli uomini».

Teste mozze 

Nel nero della scena, due schiere di teste mozze. Appese. Da una parte gli adulti. I genitori, il preside, l’infermiera della scuola. Dall’altra i giovani maschi, i padri adolescenti. Sono tutti appesi come trofei di caccia, tutti inchiodati con le spalle al muro da una vicenda che li ha trovati impreparati. Potranno sforzarsi di capire le ragioni di un patto di maternità tra adolescenti, ma resteranno sempre con le spalle al muro.

Come le teste della serie fotografica We Are Beautiful, che il fotografo ventisettenne Antoine Barbot ha realizzato nel 2012 durante il suo internship presso lo studio di Erwin Olaf; e che sono state l’ispirazione da cui partire per progettare e costruire le macchine sceniche di Sorry, boys.

Per maggiori informazioni: www.teatrodellatoscana.it 

Foto: Daniele Borghello